Gente che vai, colore che trovi: il mondo è bello perché è vario!
Ma è così facile definire i colori?
Gli esseri umani non hanno avuto bisogno soltanto di trovare dei nomi che qualificassero le diverse tonalità cromatiche: hanno sentito anche la necessità di parlare di «colori caldi» e di «colori freddi»,di tinte forti o tenui, riposanti o cariche, di accostamenti che assomigliano ad un «pugno in un occhio»… Come districarsi tra le miriadi di sfumature di cui è costellato il mondo? Pensiamo soltanto a un caso come quello del verde: verde acqua, bottiglia, smeraldo, oliva o acido. Spesso, ascoltando i vedenti discutere di colori, da perfetta analfabeta cromatica quale sono, mi è capitato di pensare: «ma mettetevi d'accordo!».
Però so che l'accordo è impossibile. Vi sono culture, come quelle orientali, che associano il bianco al lutto; altre nelle quali alcune tonalità sono proprio assenti, come la distinzione tra blu e verde in alcune popolazioni giapponesi. Ci sono persone vedenti che non sanno abbinare i colori, però si sentono perfettamente a proprio agio in questa disarmonia, ne fanno uno stile di vita. Il discorso potrebbe inserirsi nell'eterna querelle, che si trascina da secoli in campo estetico e filosofico, sull'esistenza di un presunto canone di bellezza universale.
Gli studi più recenti di psicologia della percezione sono giunti alla conclusione, forse scontata ma mai ribadita abbastanza, che dietro un occhio c'è sempre un cervello, il quale non solo decodifica, ma interpreta, seleziona, filtra, costruisce, analizza, gioisce o inorridisce: in una parola, pensa. Paola Bressan, nel suo testo intitolato "Il colore della luna", scrive: «L’espressione “costruire il mondo” può sembrare una licenza poetica, ma non lo è affatto.
Quando vi guardate attorno non avete l’impressione di costruire le cose, ma di guardarle: le cose stanno lì fuori e hanno quell’aspetto, indipendentemente dal fatto che voi le guardiate o no. Ma questa sensazione è dovuta unicamente al fatto che siete esperti e veloci nel costruire. Sicuramente non avete nemmeno l’impressione di trovarvi su una palla sospesa nel vuoto che ruota alla velocità di millesettecento chilometri all’ora (all’equatore), eppure è proprio così che stanno le cose». (p. 119).
Dunque, anche il colore è inserito in quella rete di significati che costituisce il nostro mondo, significati che richiedono, di volta in volta, di essere non solo registrati, ma anche interpretati.